Occhio alle insidie domestiche

Anche in casa servono tante attenzioni... ecco una guida utile.
Spesso scegliamo le nostre piante da appartamento sulla base della loro bellezza, ma senza conoscerne le caratteristiche o il potenziale tossico e dando per scontato che il nostro gatto sappia ciò che gli fa bene e ciò che gli fa male. Tuttavia, anche se i mici hanno grandi capacità e recettori molto sviluppati che li aiutano a riconoscere i “veleni”, dovremmo stare attenti. E non si tratta solo delle piante, sebbene siano tra le più comuni cause di intossicazione, ma anche di detersivi, medicinali e qualche alimento. Partiamo allora dall’analisi dei vegetali, spesso bellissimi, che portiamo nei nostri salotti o sui balconi per ornarli, per poi arrivare a capire come fare la spesa al supermercato in modo da non rischiare di nuocere al nostro amico a quattro zampe…

Scopriamole una ad una

Il giglio, pianta originaria dell’Europa, dell’Asia e del Nord America, è la pianta in assoluto più pericolosa per il gatto: l’ingestione anche di piccolissime quantità può provocare la morte in conseguenza dell’insufficienza renale acuta che provoca. Entro poche ore dall’ingestione, il micio può presentare vomito, letargia e mancanza di appetito. I sintomi tendono a peggiorare con il procedere del danno renale e senza un pronto intervento veterinario, il gatto può andare incontro a un danno irreversibile, fino alla morte, in sole 36-72 ore. Se avessimo anche solo il minimo dubbio che il nostro gatto abbia ingerito questa pianta, è importante portarlo immediatamente in un pronto soccorso veterinario. 
L’euphorbia pulcherrima, nota come stella di Natale, è originaria del Messico: nel suo tronco e nei suoi rami è contenuta una sostanza lattiginosa lievemente irritante per la nostra pelle, ma molto tossica per cani e gatti. I sintomi più comuni sono legati proprio all’irritazione delle mucose, tipicamente dell’apparato digerente; compaiono vescicole, forte bruciore a lingua e labbra, lacrimazione e sintomi gastroenterici con vomito, diarrea e tremori. Anche la dieffenbachia è molto diffusa: è dotata di una certa tossicità, poiché contiene sostanze irritanti per contatto; se vengono ingerite o masticate, possono comparire vari gradi di irritazione fino all’edema della glottide con morte per asfissia, vomito, diarrea, tremori, insufficienza renale acuta. L’intossicazione è più grave nel gatto che nel cane ma varia in base alla sensibilità individuale.
Il genere Ficus comprende oltre 800 specie di piante originarie delle zone equatoriali, tropicali e subtropicali: l’ingestione delle foglie o di parte del tronco può determinare sintomi gastroenterici con vomito e diarrea. Talvolta, il solo contatto con le mucose può determinare la formazione di vescicole. Molto raramente può determinarsi anche tossicità renale.
La Cycas revoluta è una palma ornamentale nativa del Giappone. Tutte le sue parti sono velenose, ma la maggior quantità di tossine è contenuta nei semi o “noci”: è sufficiente l’ingestione di uno o due semi per causare effetti molto gravi, che includono vomito, diarrea, depressione, convulsioni e insufficienza epatica. I sintomi si osservano dopo poche ore dall’ingestione e iniziano con vomito, diarrea, sete intensa e scialorrea (salivazione intensa). Dopo qualche giorno compaiono i primi segni di insufficienza epatica e talvolta renale. Le piante del genere Rhododendron (azalee e rododendri) contengono sostanze tossiche che possono causare sintomi gastroenterici, debolezza e depressione del sistema nervoso centrale. Una grave intossicazione può provocare coma e morte per collasso cardiocircolatorio.
L’oleandro è un arbusto sempreverde: tutte le parti della pianta sono tossiche per gli animali come anche per l’uomo. Quelle che presentano fiori di colore rosso hanno tossicità superiore. Colpisce il sistema cardiocircolatorio con disturbi nella contrazione cardiaca, ipotensione, estremità fredde, difficoltà respiratorie fino al coma e alla morte. Il mughetto è molto pericoloso. Ha tossine simili a quelle dell’oleandro contenute in foglie e fiori. I segni clinici comprendono vomito, diarrea, nausea, dolori addominali. I segni cardiaci compaiono più tardivamente. Ingeriti in grande quantità, i fiori provocano collasso e morte. Il trattamento è sempre di tipo sintomatico.
Il tasso è conosciuto come “albero della morte”: tutta la pianta è tossica; i segni clinici compaiono fino a due giorni dopo l’ingestione e comprendono tremori, difficoltà respiratorie, mancanza di coordinazione, collasso, disturbi cardiocircolatori, diarrea e morte. Tra le piante tossiche ci sono anche l’edera, che provoca nausea, vomito e diarrea, e la bella di notte: se ingeriti, i suoi semi provocano dolori addominali, nausea e vomito, talvolta anche segni neurologici se mangiati in quantità o se il soggetto è particolarmente sensibile. 

Molte agiscono sul sistema nervoso
Dobbiamo fare attenzione anche alle piante selvatiche, tra cui l’atropa belladonna. Il nome deriva dal suo utilizzo in campo cosmetico: nel Rinascimento, infatti, le donne la utilizzavano per dare lucentezza agli occhi grazie alle sue capacità di dilatare la pupilla, effetto provocato dall’atropina, una sostanza contenuta nella pianta che agisce sul sistema nervoso parasimpatico. Le bacche di questa pianta, se ingerite, possono provocare un’intossicazione letale con tachicardia, midriasi, paralisi del sistema nervoso e morte.
La digitale è una pianta erbacea biennale: le foglie, i fiori e i semi sono velenosi e possono essere mortali poiché contengono sostanze attive sul cuore. Anche l’acqua che si raccoglie nei sottovasi delle piante è tossica. La datura stramonio è una pianta a fiore altamente velenosa perché contiene un’elevata concentrazione di potenti alcaloidi in ogni parte della pianta e soprattutto nei semi. È nota come “erba del diavolo” ed “erba delle streghe” perché ha proprietà narcotiche, sedative e causa allucinazioni. Contiene, infatti, atropina e scopolamina. È molto tossica anche in piccole quantità.
Ricordiamoci che nelle intossicazioni la prevenzione è d’obbligo. Se abbiamo il dubbio che il nostro gatto abbia ingerito qualcuna di queste piante contattiamo immediatamente il veterinario: prima ancora, però, informiamoci bene su quali piante o fiori possiamo portare a casa.

Sostanze tossiche
In casa sono presenti molti prodotti che usiamo tutti i giorni e che possono costituire per il micio un potenziale pericolo: saponi, detersivi, disinfettanti, vernici e coloranti (inclusi i pastelli e i pennarelli usati dai bambini), naftalina, lucido per le scarpe, solventi, cosmetici e perfino l’antigelo da impiegare per il radiatore dell’automobile. Il contatto diretto con una delle sostanze appena citate oppure la sua ingestione possono provocare segni clinici estremamente variabili, sia in funzione della sostanza ingerita sia in relazione alla dose assunta in rapporto alle dimensioni del gatto. Talvolta, poi, l’intossicazione può essere indiretta e come tale ancora più subdola: è il caso dei piccoli felini che, dopo aver passeggiato su superfici da poco lavate o disinfettate, e quindi non ancora risciacquate, lambiscono subito dopo le zampe con la lingua, assumendo in questo modo il prodotto impiegato per la pulizia. Da non dimenticare l’ingestione di esche avvelenate destinate ai roditori, se non addirittura di cadaveri di piccoli animali morti intossicati, o di insetticidi e molluschicidi distribuiti nell’ambiente esterno. A questo proposito il caso più frequente è quello dell’assunzione di veleni per topi ad azione anticoagulante: il micio che se ne ciba può presentare emorragie più o meno diffuse ed evidenti quali sangue nelle urine, perdita di sangue dalla bocca, rigonfiamenti a carico delle articolazioni delle zampe, emorragie cerebrali e così via.

Come intervenire?
Il primo intervento da mettere in atto in caso di intossicazione consiste nell’eliminare il maggior quantitativo possibile di veleno dall’organismo del nostro piccolo amico. È quindi fondamentale non perdere la calma, agire tempestivamente e contattare subito il veterinario anche per informarsi se esiste un antidoto specifico per contrastare l’effetto della sostanza. Se ci si trova di fronte a un’intossicazione per contatto, è necessario lavare abbondantemente la parte interessata con acqua corrente, fino a rimuovere completamente il veleno. In caso di ingestione, invece, si deve assolutamente cercare di far vomitare il gatto entro mezz’ora: a questo scopo possiamo fargli assumere alcuni cucchiaini di sale grosso o dell’acqua salata tiepida oppure ancora pochi millilitri di acqua ossigenata, fino alla definitiva espulsione del contenuto gastrico. A questo punto, portiamo subito il micio dal veterinario perché lo possa visitare e fare tutti gli accertamenti necessari. Da dimenticare, invece, quanto tramandato dalla cultura popolare: dargli latte, albume d’uovo o carbone vegetale non sempre è utile in simili circostanze e potrebbe, oltretutto, rendere il problema più complicato.