Allergia al gatto, ecco che fare

Noiosa, ma con qualche accorgimento...

L’allergia al gatto è molto frequente e provoca i caratteristici sintomi delle allergie respiratorie: rinite con muco al naso, starnuti, pruriti e arrossamenti agli occhi. Nei casi più gravi è anche possibile che compaia un quadro di asma bronchiale, con difficoltà respiratoria e tosse. In alcuni casi, l’allergia al gatto si presenta come orticaria da contatto. Ma capiamo meglio di che cosa si tratta. In realtà il termine “allergia al gatto” è improprio, così come quello di “allergia al pelo di gatto”: a scatenare l’allergia infatti non è ne il gatto in sé e neppure il pelo del gatto, bensì una proteina contenuta nelle ghiandole sebacee del felino e nella sua saliva. Questa proteina, chiamata Fel d 1 si deposita sul pelo del gatto e provoca la reazione allergica. Un recente studio dell’Università di Cambridge ha individuato il recettore del sistema immunitario che è responsabile dell’attivazione della reazione allergica, riconoscendo la proteina: si tratta del recettore Tlr4. Questa recente scoperta potrebbe rivelarsi un passo avanti importante nella direzione di una cura a questo tipo di allergia.

Francesca Riccobono, allergologa del Centro Medico Santagostino, ci chiarisce qualche dubbio.

Sono tanto diffuse le allergie a cani e gatti?

«L'allergia ai derivati epidermici di gatti e cani è tra le principali allergopatie nei Paesi sviluppati. La prevalenza di allergia ad animali domestici è in aumento e pare che sia tra i maggiori fattori di rischio per lo sviluppo di asma e rinite. La familiarità, in questi casi, ha molta importanza. La sintomatologia, spesso, si rivela più severa rispetto all'allergia agli acari o ai pollini, l'asma è più frequente e la qualità  di vita dei pazienti allergici  è peggiore rispetto ai pazienti sensibili ad altri allergeni. E in tutto questo purtroppo i gatti sono responsabili dei due terzi di tutte le allergie riferite agli animali domestici».

Come mai si presentano queste allergie?

«Il sistema immunitario dei soggetti allergici produce un particolare tipo di anticorpi, le IgE, in seguito all'incontro con alcune proteine dell'animale (allergeni) ritenute erroneamente dannose. Dopo l’esposizione all’allergene, il sistema immunitario reagisce inducendo un processo infiammatorio, che si manifesta soprattutto con l’irritazione delle vie respiratorie (rinite o asma). Le proteine allergizzanti prodotte dall’animale sono rinvenibili soprattutto nella saliva, nel sudore, nella forfora e nell’urina, meno, a dispetto di quanto si creda, nel pelo dell’animale. Per il cane la saliva è la fonte più importante, mentre il principale allergene del gatto (fel d1) è contenuto nella forfora, e si trova in elevate concentrazioni in ghiandole salivari, urine e secrezioni. E’ opportuno tenere l'animale responsabile della sensibilizzazione fuori casa o comunque, non permetterne mai l'ingresso in camera da letto (sopratutto in quella dei bambini)».

Quali soluzioni ci sono per evitare di doversi separare dagli animali che tanto amiamo?

«Conviene spazzolare l'animale a giorni alterni e lavarlo frequentemente ma il soggetto allergico non deve mai effettuare di persona la toilette dell'animale. La pulizia delle superfici di casa (pavimenti, divani e via dicendo) deve essere fatta con panno umido o aspirapolvere al fine di rimuovere, al meglio possibile,  i peli persi dall'animale. E' da sottolineare che anche le razze a pelo corto, ed i "cani che non perdono il pelo", possono indurre reazioni allergiche. L'uso di prodotti chimici è di  aiuto (come spray a base di acido tannico che sono in grado di ridurre i livelli allergenici). L'allontanamento dell'animale, del resto, non sempre è una misura risolutiva per l'allergico  in quanto l'allergene principale persiste a livelli significativi per oltre 5 anni anche dopo l'allontanamento dell'animale,  è riscontrabile anche in case disabitate,  viene disperso e portato a distanza con i vestiti e la vicinanza con una persona che accudisce un gatto può determinare una reazione allergica imprevista».

E' vero che esiste una sorta di vaccino? Se sì, in che caso può essere valutato?

«Le terapie farmacologiche non sono preventive dei sintomi di allergia. L'immunoterapia allergene specifica (quella che comunemente si chiama vaccino) rappresenta in alcuni casi un'opzione terapeutica molto utile ed efficace. Agisce modificando il sistema immunitario che viene “abituato” a tollerare le proteine dell’animale che nel soggetto allergico scatenano sintomi. Negli ultimi anni grazie all’introduzione e alla produzione di molecole allergeniche ricombinanti, è stato possibile effettuare diagnosi più precise e produrre vaccini più mirati e meglio tollerati».

Con i neonati come ci si deve comportare?

«L’effetto dell’esposizione precoce  ad animali domestici  sul rischio di sviluppare allergia nei bambini resta un tema controverso.  Al momento non vi è evidenza scientifica sul fatto che l’esposizione alla nascita  a cani e gatti aumenti il rischio di malattie allergiche, anche in bambini ad alto rischio cioè con una storia familiare positiva per quanto riguarda questo tipo di allergia. Non è neanche certo che un’esposizione precoce protegga il bambino da future allergie. L’unica cosa certa, e positiva per i gattofili, è che un’elevata concentrazione di allergene del gatto in una casa non determina un proporzionale aumento del rischio di diventare allergici e un’elevata percentuale di persone risulta essere allergica al gatto pur non avendo un gatto in casa».

E se un neonato o bambino dovesse risultare allergico?

«In bambini sintomatici con test cutanei (prick test) positivi per allergia ad animali (cani o gatti) sarebbe meglio evitare il contatto con l’allergene. L’animale non dovrà esser presente nell’ambiente domestico. Il rischio maggiore è lo sviluppo di asma».

Se il gatto è allergico a noi

La primavera è la stagione delle allergie, un fastidioso inconveniente che investe anche i nostri animali domestici. Pochi sanno però che più che soffrire di allergie stagionali, cani e gatti possono essere allergici gli uni agli altri, o persino a noi umani. Secondo Raelynn Farnsworth, del College of Veterinary Medicine della Washington State University, "è raro, ma i gatti possono essere allergici al pelo o ai frammenti di pelle rilasciati dai cani e degli umani, e viceversa". Nei gatti, i sintomi dell'allergia si manifestano come dermatiti miliari (cioè caratterizzate dalla comparsa di vescichette simili a grani di miglio e mancanza di pelo) generalmente localizzate attorno alla testa e al collo dell'animale. Nei cani invece i sintomi più comuni di allergia sono l'infiammazione della pelle e prurito, dice Farnsworth, ma anche starnuti e naso gocciolante. «In genere, se un animale è allergico all'uomo lo è anche ad altri allergeni», spiega Christine Cain della facoltà di veterinaria della University of Pennsylvania. «Il veterinario può curare l'animale con farmaci che, contenendo piccole quantità dell'allergene, abituano l'organismo del paziente a ignorarlo».